Storia
La chiesa di San Martino è un luogo di culto cattolico di Zoagli, situato in piazza san Martino. La chiesa è sede della parrocchia omonima del vicariato di Rapallo-Santa Margherita Ligure della diocesi di Chiavari.
Sita nel cuore del borgo zoagliese, la parrocchiale di San Martino di Tours fu eretta tra il 1726 e il 1728 su progetto dell'architetto Antonio Maria Ricca. Notevolmente danneggiato dal bombardamento aereo degli Alleati, nel dicembre del 1943 durante la seconda guerra mondiale, al termine del conflitto bellico l'edificio venne completamente ricostruito cercando di riportare allo splendore il precedente tempio religioso.
La sua parrocchia fu istituita già nel XIII secolo e fu eletta a Prevostura nel 1860 ed Arcipretura nel 1890.
Architettura e arte
La facciata della chiesa è divisa in due ordini sovrapposti da un cornicione; mentre l'ordine inferiore è scandito da lesene tuscaniche, quello superiore è scandito da lesene ioniche e termina con un'alta cuspide triangolare. Al centro, sopra il portale, vi sono una trifora e un affresco raffigurante San Martino che divide il suo mantello con un povero. Sul retro della chiesa si eleva il campanile.
L'interno della chiesa è a pianta centrale ed è stato interamente affrescato dal pittore Raffaello Resio. Vi sono conservate due statue in legno raffigurante la Madonna del Rosario con Gesù Bambino e il Cristo morto attribuite allo scultore Anton Maria Maragliano. Viene inoltre conservata una tavola del pittore Teramo Piaggio ritraente la Madonna e i Santi Erasmo e Leonardo.
Altri oggetti sono il ciborio del XV secolo e altri dipinti di scuola ligure databili al XVII e XVIII secolo; l'altare maggiore marmoreo è opera dello scultore Francesco Schiaffino. In un reliquiario sono conservate parte delle ceneri di san Giovanni Battista, donati dai consoli di Genova di ritorno dalla Prima crociata in Terra Santa perché portati a Genova dal comandante zoagliese Giovanni Merello.
Di seguito riportiamo approfondimenti su:
Organo a canne
Sulla cantoria in controfacciata, si trova l'organo a canne, costruito nel 2008 dalla ditta organaria dormellettese Dell'Orto & Lanzini.
Lo strumento, racchiuso entro una cassa lignea con mostra in cinque campi costituita da canne di Principale, è a trasmissione integralmente meccanica ed ha due tastiere di 54 note ciascuna ed una pedaliera dritta di 27 note.
Di seguito, la sua disposizione fonica:
Primo manuale
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Principale |
8' |
Bordone di legno |
8' |
Flauto traverso |
8' |
Viola da gamba |
8' |
Ottava |
4' |
Flauto a camino |
4' |
Nazardo |
2.2/3' |
Decimaquinta |
2' |
Terza |
1.3/5' |
Mistura |
IV |
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Secondo manuale
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Principale |
8' |
Bordone di legno |
8' |
Flauto traverso |
8' |
Viola da gamba |
8' |
Ottava |
4' |
Flauto a camino |
4' |
Nazardo |
2.2/3' |
Decimaquinta |
2' |
Terza |
1.3/5' |
Mistura |
IV |
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Pedale
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Subbasso |
16' |
Trombone |
16' |
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1a. L’altar maggiore e il quadro di S. Martino, titolare (1747)
Da varie fonti storiche (vedi anche i Remondini) è certo che la chiesa di Zoagli è stata edificata ex novo agli inizi del XVIII secolo con il parroco Lancisa e precisamente negli anni 1728-1733. Di fatto manca, in archivio, il libro dei conti di quegli anni. Il primo libro cassa della chiesa inizia nel 1747 e una delle prime spese riportate è quella del quadro del titolare che era collocato dietro l’altar maggiore, nell’abside, e che oggi è sistemato nella cappella del Rosario, a destra di quell’altare, dopo il restauro eseguito nel 1970.
Ad oggi non si sapeva ne chi lo avesse dipinto, ne quando. Dal libro cassa suddetto (pag. 2) risulta che fu pagato lire 258 ad un certo “Gerolamo Celle pittore” nell’anno 1747.
Pochi anni dopo, nel 1750, si registra la spesa sostenuta per la visita pastorale compiuta dell’arcivescovo di Genova, al termine della quale nel giugno del 1750 (pag. 9) veniva consacrato l’altar maggiore e la chiesa. E’ certo, quindi, che l’antico altar maggiore ancor oggi presente in chiesa era completato (e consacrato) in quell’anno. Di fatto i pagamenti sostenuti per detto altare vengono registrati a partire dal 1760, in più riprese (pagg. 26,27,29,30,32,33) fino ad arrivare al saldo segnato nel 1767 (il lavoro, in totale, costò lire 2.385,17). Non è riportato il nome di chi ha eseguito il disegno (o progetto) di detto altare; probabilmente era riportato nel registro degli anni precedenti (ora perso). Tuttavia è riportato più volte il nome dell’esecutore materiale dell’opera: il marmorino Alessandro Aprile. A pag. 33 si riporta la nota che descrive, fra gli altri lavori, il pagamento di lire 50 al pittore Galeotti per l’esecuzione della porticina del tabernacolo: l’anno è il 1767. Nel 1861 il primo prevosto della parrocchia, don Caffese, fece fare una porticina in argento, sostituita dopo la guerra con un tabernacolo di sicurezza.
Nei libri dei conti non si parla mai delle balaustre: probabilmente sono coeve all’altar maggiore e l’esecuzione (e relativa spesa) considerata un tutt’uno con esso (l’ultima parola, tuttavia, è rimandata agli esperti d’arte).
Per quanto concerne il pulpito si veda il capitolo a parte.
Altare e quadro restarono così fino alla fine del XIX secolo. Infatti, dal 1892 al 1895 (vedi libro cassa relativo a quegli anni), secondo il discutibile gusto dell’epoca, si decise di togliere il quadro dall’abside, creare una nicchia (1892) e collocarvi, nel 1895, la colossale statua in legno di S. Martino in abiti pontificali fatta fare al sig. Gardella di Rapallo per un costo totale di lire 1500 (pagati in tre anni). In quella occasione il quadro del Celle fu tolto dalla sua sede originale e risposto nei magazzini fino a quando l’arciprete Arado lo fece restaurare; fu poi collocato presso la cappella del Rosario nel 1970, al termine del lavoro compito da Daniela Tomei, restauratrice.
Nel 1989, su disegno della scultrice Miriam Allaro (in arte Hastianatte), fu eseguito un nuovo altar maggiore in marmo, consacrato dal vescovo di Chiavari mons. Daniele Ferrari, su cui è possibile celebrare rivolti verso il popolo, secondo le esigenze pastorali dei nostri giorni. In quella occasione furono anche aggiunti l’ambone e la sede, sempre su disegno dell’Hastianatte.
1b. Gli arredi dell’altar maggiore
Naturalmente, in questo capitolo, non si vuole assolutamente pretendere la completezza: si riportano i dati certi, desunti dalle spese fatte e registrate. Altre spese, riportate nei libri ma troppo generiche (es. una del 1891, 25 luglio, in cui si registra la spesa di “£. 395 date all’indoratore Carpi per diversi oggetti”: ma quali oggetti?) non vengono trascritte.
L’arredo principale dell’altare sono, oltre le tovaglie, la croce, i candelieri, il paliotto (o pallio, o “paglio”) e il trono per l’esposizione del Santissimo Sacramento. Nel 1761 (p. 27 del 1 libro cassa) sono spese lire 115 “per croce, pomi e fattura d’indoratura intorno al crocifisso”. Occorre tuttavia notare che si parla di croce e non del corpo del crocifisso: questi era già presente? Oppure è stato intagliato per l’occasione? 115 lire, a mio giudizio, sono un po’ troppo poche per l’esecuzione di tutta l’opera (crocifisso, croce, cantonali e relativa doratura). Si potrebbe ipotizzare che, nel 1761, è stata rifatta l’asta della croce e i capicroce con la loro doratura, per adattare il tutto al nuovo altare costruito un decennio prima, mentre il corpo del Cristo crocifisso è anteriore all’altare stesso (naturalmente è una pura ipotesi: gli autori competenti potranno vagliarla e certo confutarla, se è il caso). Questi capicroce resteranno fino alla fine della seconda guerra mondiale (fotografie della chiesa distrutta presenti in archivio li fanno ancora intravedere). Spariti in quel periodo (perché troppo rovinati o rubati) sono stati ricostruiti ex novo (con un disegno diverso) nel 1951, per una spesa di lire 55.000. Sono quelli che attualmente si vedono ai capi della croce.
Nel 1771 (pag. 38 del 1 libro cassa) si pagano lire 41 “al conto dei candelieri da farsi”; nel 1773 (pag. 40) lire 269,4 “al sig. Gaetano Rezzi scultore per i candelieri” e lire 330 “all’indoratore Parodi Lorenzo per candelieri e vasi”. Di questo servizio, che doveva comprendere i candelieri e i vasi (o palmette) per i fiori finti (e probabilmente il leggio e le carteglorie) sono rimasti ad oggi 18 candelieri in tre misure (6 per misura). I 6 più grandi hanno ancora la colorazione argento/dorata di quel periodo (ormai annerita), gli altri 12 sono stati riargentati più volte (si sa per certo che nel 1882, 8 giugno, si sono pagate lire 400 per “indorare e inargentare” i candelieri posti sull’altare del Rosario; con ogni probabilità sono gli stessi di cui parliamo, essendo gli unici in chiesa che siano dorati e argentati).
Questo servizio più antico verrà sostituito nel XIX secolo da un altro servizio di fattura nuova, tutto in oro, secondo lo stile dell’epoca. Infatti nel 1855 si pagano lire 354,50 “dato a conto in 5 volte all’intagliatore” e poi vari pagamenti, sempre all’intagliatore (lire 531 - 190,5 - 373,5 - 262,15 a saldo) e all’indoratore (lire 525, 643 e 68,15 nel 1856), per l’esecuzione di un nuovo servizio di candelieri. Di questo servizio, che ancor oggi si usa in parte per le solennità maggiori, sono rimasti in totale 30 candelieri divisi in quattro misure (8 grandi, 12 mediani, 4 piccoli e 6 da altari laterali) e 6 palmette piccole (vasi per fiori finti) adattate per essere usate come candelieri sull’altar maggiore. A mio personale giudizio, tuttavia, alcuni dei più piccoli (quelli per il gradino più basso e quelli per gli altari minori) possono essere più recenti (vedere la diversità di intaglio): non ho però trovato riscontro nei conti.
Oltre alla croce e ai candelieri segnalo che nel 1790 (pag. 57 del 1 libro cassa) Michele Parodi “ha indorato il trono” per lire 132 e si sono spese lire 4,12 “per il porto del trono da Chiavari”. E’ possibile che il trono sia stato eseguito (intagliato) in quello stesso periodo (o forse anche prima, certo non dopo) ma non c’è la nota di spesa.
Nel 1802 si spendono lire 120 per “un curnisiune (cornice) nuovo per il palliu, fattu dalli maestri, cioè Gaetano Allegretti di Giuseppe e Giobatta Siguri quondam (del fu) Pietru” e lire 67 a “saldo” del “pagamento all’indoratori per la cornixe del pallio”. Questa cornice di pallio, seppur con aggiunte e una stoffa nuova, è ancora utilizzata nelle solennità (per un periodo di tempo è stata usata come frontale di un altarino posticcio rivolto al popolo).
1c. I due quadri laterali (1848-1850)
Nel 1848 vengono pagate lire 832 al “R. Michele Denegri pittore a saldo del quadro”. Nel 1850 lire 455 al “Reverendo Denegri pittore per i quadri” e lire 52 “a conto delle due cornici dei Quadri”. Così pure nel 1851 si pagano lire 13,14 e lire 60 per “saldo all’Allegretti delle cornici di legno e a Degregori indoratore delle 2 cornici suddette”. Da tutte queste note di spesa si desume che i due quadri presenti tutt’oggi ai lati dell’altar maggiore (anche se privi ormai delle cornici dorate, sostituite dagli stucchi della fine dell’Ottocento) sono ambedue opera del Denegri che li eseguì tra il 1848 e il 1850 (quello in cornu epistolae riporta la data 1850 e la firma del pittore; quello in cornu evangelii non è firmato e datato. Potrebbe essere stato fatto per primo nel 1848, ma è solo un’ipotesi). Un’ultima nota. Nel 1853 si restituiscono lire 260 “ai fratelli Bancalari per un imprestito fatto dai medesimi alla Chiesa per pagare i quadri”.
1d. Gli stalli del coro (1767-1773)
Il coro in legno rientra in un progetto più ampio che vide, dal 1759 al 1773, l’esecuzione completa delle opere lignee ancor oggi presenti nell’arredo della chiesa (statue escluse, ovviamente). Autore principale è il “bancalaro” (falegname intagliatore) Francesco Poggi che nel 1767 è pagato lire 5 “per il contratto dei lavori dell’orchestra (coro), sagrestia e banche avanti l’altar maggiore”. Questi lavori, sia della chiesa come della sacrestia, vengono compiuti e saldati nel 1773. Quindi l’esecuzione del coro si colloca negli anni 1767-1773. Durante i secoli detto coro ha avuto alcune manutenzioni e restauri. Si ricorda solo la più “invasiva”, quella che gli ha dato l’attuale colore molto scuro che un buon restauro potrebbe togliere. Infatti nel 1870, secondo il gusto dell’epoca, si sono spese lire 234 per “lustrare e inverniciare tutto il coro messo a nuovo”, insieme ai restanti mobili in legno di cui si parlerà oltre.
2. La sacrestia (1759-1773)
L’attuale sacrestia, escluso il mobile seicentesco che con ogni probabilità era già presente nella chiesa precedente, è opera del bancalaro Francesco Poggi, autore anche di altre opere tra cui il coro di cui si è già parlato.
L’arco di tempo impiegato da Poggi per consegnare il lavoro finito della sacrestia è lungo: quasi quindici anni e si sviluppa in due principali momenti.
Il primo, dal 1759 al 1764, lo vede occupato solo per lavorare alle “scanzie”, cioè ai mobili della sacrestia. Dal contratto del ’59 al saldo del 1764 (pagg. da 24 a 31 del 1 libro cassa) gli vengono retribuite in totale lire 1.986,78.
Nel secondo, dal 1767 al 1773, stipula un contratto per “lavori all’orchestra, sagrestia e banche” (come già visto parlando del coro). Il totale di questa seconda “trance” è di lire 2.804 (pagg. da 35 a 40 del 1 libro cassa).
Questi i dati: purtroppo non ci è dato sapere quali parti della sacrestia sono le prime eseguite, quali quelle che seguono. Credo sia meglio considerare l’arco completo dei lavori per una datazione degli stessi (anche se c’è un intervallo di tre anni tra il primo e il secondo lotto). Forse si può notare che, nel primo momento, si parla solo di “scanzie”; nel secondo si rimane sul generico (”lavori della sacrestia”) e si specifica solo una volta il termine “scanzie” nel 1772, quando lo si paga 9 lire “per aver dato la vernice alle scanzie”. Considerando che, nel secondo lotto si spende una cifra superiore, ma c’è anche l’esecuzione del coro e delle panche, si potrebbe ipotizzare – per la sacrestia – il lavoro più grande nei primi anni (1759-1764) e altri lavori complementari (anche considerevoli) nel secondo momento. Naturalmente è solo un’ipotesi.
Oltre ai mobili il Poggi, nel 1771, costruisce la porta della sacrestia per lire 29,4 (pag. 38 del 1 libro cassa). Nel 1870 anche la sacrestia, come il coro, subirà la totale riverniciatura (ripresa nel 1912, quando viene eseguita l’attuale predella – nota del 17 Ottobre) che gli attribuirà un colore molto scuro eliminato intorno al 2000.
Infine l’attuale pavimento di marmo è stato eseguito nel 1891 per una spesa di lire 345,40.
3a. Le panche (1767-1773 e aggiunte posteriori)
Anche se sono un arredo minore vengono subito trattate per dare completezza al discorso iniziato con il coro. Come già detto l’arredo ligneo viene commissionato in una quindicina d’anni dal bancalaro Francesco Poggi che, nel contratto del 1767, si impegna a lavorare all’”orchestra, sacrestia e banche avanti l’altar maggiore”. Il saldo del 1773 pone termine a questo lotto di lavori. Tuttavia, nei libri seguenti, si registrano spese per le panche, sia per il loro restauro conservativo, sia per la fattura di nuove. In particolare nel 1881, al 21 marzo, si pagano 300 lire per “10 banche ai soci falegname Piaggio e Sanguineti”. Inoltre nel 1887, al 17 aprile, si spendono altre 100 lire per “2 panche nuove”.
Effettivamente guardando le panche presenti ad oggi in chiesa si nota che – pur essendo tutte uguali (tranne due molto lunghe che potrebbero essere quelle del 1887) – tuttavia non sono sempre identiche in tutti i dettagli. In particolare alcune sono leggermente più corte, altre un po’ più lunghe. Quali quelle settecentesche? Quali quelle ottocentesche? Occorrerebbe un buon restauro e, soprattutto, il giudizio di un intenditore (e non è il mio caso; io semplicemente riporto i dati rinvenuti).
3b. Il pulpito (1757)
I Remondini, nella loro monumentale opera sulle chiese della Diocesi di Genova, asseriscono che il pulpito potrebbe essere coevo all’altar maggiore e opera dello stesso autore: dietro la loro affermazione tutti gli altri. Di fatto le note d’archivio non concordano. Se nel 1750 l’altar maggiore era già consacrato, il pulpito viene eseguito solo 7 anni dopo. Nel 1757 (pag. 20 del 1 libro cassa) si pagano lire 112,80 ad un pittore (che purtroppo resta anonimo) di Rapallo per eseguire il disegno del pulpito; poi lire 1,15 per il contratto di costruzione e lire 760 (pag. 21 dello stesso libro) allo “scultore dei marmi Stefano Gottuzzo” per l’esecuzione. Infine lire 62,8 per “spese fatte per alzare il pulpito”. Anno e marmorino, nonché probabilmente autore del progetto, non sono gli stessi dell’altar maggiore, come si è potuto ampiamente documentare.
3c. Le cappelle laterali: nota previa
Occorre, anzitutto, fare una considerazione previa. I libri cassa della chiesa, normalmente, non riportano le spese fatte per le cappelle laterali. Esse vengono costruite e abbellite da compagnie o singoli donatori che avevano, su di esse, lo “jus patronatus”; di conseguenza l’aspetto finanziario veniva gestito, e registrato, a parte. Purtroppo, nella nostra chiesa parrocchiale, si sono persi tutti i libri cassa delle relative compagnie allora presenti agli altari laterali. Così non sapremo mai le spese – e quindi gli autori e gli anni – delle cappelle del Rosario, di San Rocco e dei sei altari minori.
Tuttavia qualcosa è rimasto. In particolare due notizie legate al XVIII secolo e qualche notiziola della fine del XIX secolo e del XX secolo: e proprio queste analizzeremo.
3d. Il quadro cosiddetto dei “tre santi” (1755)
La prima notizia settecentesca è anche quella più documentata. L’unico incerto rimane, purtroppo, l’autore dell’opera: il resto è tutto ben descritto, anche il contesto storico che ha generato il dipinto di cui stiamo per parlare.
Anzitutto le fonti: oltre al primo libro cassa (1747-1804) si sono potuti consultare i capitoli per l’elezione dei masarri della chiesa di Zoagli redatti nel 1755. E proprio da questo documento viene tratta la storia che si sto per raccontare.
La nuova chiesa di Zoagli, consacrata nel 1750, ha accolto tra le sue mura devozioni e corporazioni già presenti nella chiesa precedente. In particolare tre corporazioni erano presenti nel tessuto vitale della parrocchia: i marinai (con il loro protettore S. Erasmo), i tessitori (protetti da S. Cipriano) e i contadini (che veneravano S. Desiderio).
Nell’allora marinara Zoagli, il gruppo che onorava S. Erasmo era particolarmente vivace e varie contese con i tessitori e i contadini – indicate con l’espressione “tra uomini di mare e uomini della villa” – erano all’ordine del giorno, anche nella chiesa parrocchiale.
I marinai, infatti, pur avendo un’altare dedicato a S. Erasmo (quello attualmente dedicato a N.S. di Lourdes che allora conteneva l’immagine di N.S. della Consolazione con S. Erasmo e altro santo, ad oggi collocata sopra la porta della sacrestia e recentemente attribuita al Cambiaso), decisero di donare un “ovale” da mettere sopra il tabernacolo del nuovo altar maggiore raffigurante lo stesso S. Erasmo, ovale che potrebbe essere quello ad oggi custodito nel corridoio della sacrestia (ipotesi naturalmente tutta da dimostrare). Il parroco, preso alle strette (come tutti i parroci di tutti i tempi che si ritrovano dei doni da esporre alla devozione, a volte nemmeno desiderati), “pro bono pacis” collocò il sottoquadro sul maggiore.
Ma la pace non fu affatto rispettata. Appena vistolo sia i contadini come i tessitori insorsero, protestando vivamente, quasi che l’altar maggiore non fosse più dedicato a S. Martino ma a S. Erasmo! I termini di questa protesta ci mancano ma deve essere stato un “casus belli”, tanto da doverlo risolvere davanti ad un notaio (il notaro Argiroffo), dopo che una missione al popolo aveva riportato pace negli animi dei zoagliesi.
Ed il frutto di quella risoluzione furono i nuovi capitoli della masseria della chiesa (una sorta di regolamento dei massari) e l’esecuzione del nostro quadro. Tolto l’ovale della discordia dall’altar maggiore si decise, all’unanimità, di far dipingere un quadro che metta insieme i tre santi Erasmo, Cipriano e Desiderio, e quindi le tre corporazioni. E detto quadro dovrà essere collocato nell’unica cappella allora rimasta libera, la seconda partendo dal fondo, a sinistra. E così, nel 1755 (pag. 15 del 1 libro cassa), vengono registrate varie spese per il quadro che verrà sempre chiamato dei tre santi (per un totale di 356,19 lire più 11,80 lire per il telaio). All’inizio del capitolo ho accennato al silenzio circa l’autore. L’unica notizia, sempre del 1755 (pag. 15) che ci può dire qualcosa è la nota di spesa per aver portato il quadro “dalla foce a zoagli”. Ho trascritto la grafia originale (come sempre, del resto) per far notare che sia la “foce” che “zoagli” sono scritti in minuscolo. Quindi, per logica, la “foce” potrebbe essere benissimo la “Foce” per eccellenza e cioè Genova, da cui molto probabilmente giunse il nostro quadro.
La tela dei tre santi resterà nella sua cappella fino al 1914.
Già nel corso dei secoli quella cappella aveva subito dei mutamenti. Nel 1885 si pagano ai fratelli Repetto di Lavagna lire 750 per fare “le balaustre di marmo all’altare di N.S. del Montallegro e quello di S. Erasmo”, che verranno collocate l’anno successivo (1886) assieme al nuovo altare di marmo, in sostituzione di quello precedente in calce (la spesa fu di lire 2.150 e comprendeva, oltre all’altare in marmo per S. Erasmo anche quello per Montallegro, ambedue commissionati alla ditta dei fratelli Repetto di Lavagna e pagati il primo giugno di quell’anno). Agli inizi del XX secolo erano stati dipinti sulle pareti delle cappelle minori (le quattro ai lati dei cappelloni di S. Rocco e Rosario) degli angeli svolazzanti in stile liberty (presenti fino alla metà degli anni ’70 del XX secolo) e nel 1914 il quadro dei tre santi veniva collocato sul soffitto della sacrestia per lasciare il posto al nuovo quadro eseguito in quell’anno dal Resio, pittore allora molto in voga. La nuova pala del Resio riprende l’impianto della precedente, adattandola al gusto dell’epoca e sostituendo al centro del quadro l’immagine dell’angelo custode presente nell’opera precedente (forse retaggio di un culto che era presente nella vecchia chiesa, in cui era dedicato un altare proprio agli angeli custodi) con quella di Maria assunta in cielo, sempre tuttavia attorniata dagli angeli. Quando la consolle elettrica dell’organo Inzoli del 1958 venne tolta dalla cappella del Rosario dall’arciprete Arado nel 1970 e trasferita nella cappella dei tre santi, l’altare marmoreo e le balaustre furono smontati e ricostruiti in quella di Montallegro, rimasta senza ornamenti dopo la distruzione parziale della chiesa nella seconda guerra mondiale. Nel 1992 l’antico quadro del 1755 tornava in parrocchia dopo il restauro eseguito dalla Sovraintendenza e veniva ricollocato nel soffitto della sacrestia.
Un’ultima nota: sull’altare dei tre santi si venerava – popolarmente – un sottoquadro di S. Luigi (ad oggi scomparso), tant’è che la cappella venne poco a poco denominata “di S. Luigi”.
3e. I cappelloni del Rosario e di S. Rocco.
Tanto si è detto della cappella dei tre santi, tanto poco si può dire di quelle del Rosario e di S. Rocco, appartenenti la prima alla Compagnia omonima, la seconda a quella di S. Caterina.
Non disponendo dei libri cassa di queste due compagnie non si può dire alcuna cosa circa gli arredi e i lavori eseguiti. Tuttavia due brevi notizie ci sono giunte dal libro cassa della chiesa. La prima riguarda la cappella del Rosario ed è la seconda “settecentesca” di cui ho accennato.
Costruita la chiesa e consacrata nel 1750 era mancante dell’attuale cappella del Rosario, o meglio il sito del presbiterio di detta cappella non c’era e l’altare era dove oggi sono le balaustre. Infatti il terreno su cui doveva sorgere la cappella non apparteneva alla chiesa. Risolta la questione ecco che nel 1765 (pag. 31 del 1 libro cassa) si spendono 6 lire “per il disegno fatto fare per il sito dell’altare di Nostra Signora” e lire 52,15 “per spesa fatta in Genova per il sito di Nostra Signora”. Ma la fabbrica dovrà ancora attendere il 1772, anno in cui viene concesso il “decreto di permissione del Ser.mo Senato di rifabbricare la Capella di N.S. del Rosario” costato la bellezza di 702,2 lire (pag. 39)! I lavori proseguirono negli anni venturi. Nel 1774 (pag. 41) si spendono lire 76,16 “per legname e giornate fatte e provvisto in detta fabbrica di N.S.” e nel 1775 (pag. 42) lire 142 “al sig. Alessandro Aprile al conto delle spese di quadrette per lastricare la cappella di N.S. e altre spese non contenute nel contratto”. Evidentemente Alessandro Aprile ha lavorato ai marmi e forse all’altare di detta cappella.
Di tutto quello che segue (altare, decorazioni, statua) non si può evincere nulla. Solo i lavori più recenti (e conosciuti) possono essere documentati, compreso l’attuale altare in marmo completamente nuovo costruito alla fine degli anni ’50 del secolo XX (il precedente era stato distrutto dai bombardamenti).
Per la cappella di San Rocco si può solo registrare un dato: l’attuale rivestimento marmoreo delle pareti risale al 1886, quando al 25 maggio si registra la spesa di lire “7.041,80 per ingrandimento della cappella di S. Rocco, o finimento in marmo di detto altare”.
Tavola cronologica delle opere
Questo elenco contiene una tavola di tutte le opere di cui si è ampiamente detto e di altre minori che vengono riportate soltanto in questo elenco
(facilmente individuabili perché scritte in corsivo).
N.B. Le notizie, come già detto, sono desunte principalmente dai libri cassa della chiesa e dalle deliberazioni della fabbriceria.
1747:
258 lire a Gerolamo Celle pittore per “un quadro di S. Martino posto nel mezzo del coro) (pag. 2 del 1 libro cassa)
1750:
spese varie per la consacrazione dell’altar maggiore e di tutta la chiesa (pag. 9)
1751:
10 lire a G. B. Polesio per “armario in sacrestia da riporre le lampadi e le tapezzerie (pag. 10)
1755:
spese varie per “il quadro dei tre santi” (pag. 15). Confrontare con l’ampio capitolo
1756:
lire 87,12 per il nuovo turibolo d’argento (pag .18)
1757:
lire 112,80 per il disegno del pulpito fatto da un pittore a Rapallo e lire 1,15 per il contratto del pulpito (pag. 20)
lire 760 al marmorino Stefano Gottuzzo per il pulpito e lire 62,8 di spese fatte per alzare il pulpito (pag. 21)
1758:
lire 38,16 per sei aste al baldacchino e bastone di croce consimile (pag.24)
lire 421,16 a Francesco Poggi “in conto delle scanzie” (pag. 24)
1759:
lire 4,4 per il contratto delle scanzie a Francesco Poggi, lire 5,10 per “altro vitto al bancalaro delle scanzie” e lire 100 “al bancalaro in conto delle scanzie” (pag. 25)
1760-1764:
spese varie (lire 500 + 10,17 + 360 + 150 + 500 + 24) al marmorino Alessandro Aprile “a conto dell’altare di marmo” (pagg. da 26 a 30)
1760-1764:
spese varie (lire 300 + 15,14 + 400 + 100 + 75,16 + 435,18 + 131) al bancalaro Francesco Poggi “in conto delle scanzie” (pagg. da 26 a 31)
1761:
lire 115 per “croce, pomi e fattura d’indoratura intorno al crocifisso” (pag. 27)
1765:
lire 6 per “il disegno fatto fare per il sito dell’altare di N.S.” e lire 52,15 per “spesa fatta in Genova per il sito di N. Signora” (pag. 31)
1766-1767:
spese varie (lire 300 + 260 + 281 a saldo) al marmorino Alessandro Aprile per l’altar maggiore (pagg. da 32 a 33)
lire 123,60 “per altri lavoretti sempre all’altare” tra cui lire 50 al Galeotti che “dipinse la porta del tabernacolo” (pag. 33)
1767-1773:
spese varie (lire 5 per contratto – lire 13,10 + lire 3 per trasporto legnami – lire 520 + 400 + 200 + 60 + 200 + 200 + 29.4 + 110 + 80 + 30 + 9 + 1.200) per “lavori dell’orchestra, sagrestia e banche avanti l’altar maggiore”, lavori eseguiti dal maestro Francesco Poggi, bancalaro (pagg. da 35 a 40)
1771:
lire 41 “al Gaetanino il sculture al conto dei candelieri da farsi”
1772:
lire 702,2 per il “decreto di permissione del Ser.mo Senato di rifabbricare la cappella di N.S. del Rosario” (pag. 39)
1773:
lire 269,4 al sig. Gaetano Rezzi scultore per i candelieri e lire 330 all’indoratore Parodi Lorenzo per candelieri e vasi (pag. 40)
1774:
lire 76,16 “per legname e giornate fatte e provvisto in detta fabbrica di N. Signora” a Gio. Andrea Zolezzi (pag. 41)
1775:
lire 142 “al sig. Alessandro Aprile al conto delle spese di quadretti per lastricare la cappella di N.S. e altre spese non contenute nel contratto” (pag. 42)
1779:
lire 84,14 “per 2 porte nuove nel corridoio fornite di tutto”
1790:
lire 132 a Michele Parodi che “ha indorato il trono e rinfrescato il legile” e lire 4,12 per “il porto del trono da Chiavari” (pag. 57)
1793:
lire 840,12 per “spesa dal sopracielo ossia Baldacchino non compreso il gallone” (pag. 60)
1794:
lire 10,22 per “manifattura della pianeta di velluto cremisi” (pag. 61)
1795:
lire 198 per “gallone comprato per la pianeta di velluto cremisi” (pag. 62)
1802:
lire 120 “costu di un curnisiune nuovo per il palliu, fattu dalli maestri, cioè Gaetano Allegretti di Giuseppe e Giobatta Siguri quondam Pietru” e lire 67 come saldo del “pagamento all’indoratori per la cornixe del pallio” (pag. 72)
MANCA UN LIBRO CASSA
1848:
lire 832 al Rev.do Michele Denegri a saldo del Quadro e lire 12 per legno e fattura telaio (pag. 11 del 2 libro cassa)
1850:
lire 445 “pagato al reverendo Denegri pittore per i Quadri” e lire 52 a conto delle due cornici dei Quadri (pag. 37)
1851:
lire 13,14 e lire 60 “pagati per saldo all’Allegretti delle cornici in legno e Degregorj (?) indoratore delle 2 cornici suddette” (pag. 39)
1853:
lire 260 “ai fratelli Bancalari per un imprestito fatto dai medesimi alla Chiesa per pagare i quadri” (pag. 47)
1855:
spese varie (lire 354,50 + 531 all’intagliatore e all’indoratore – lire 1,1 + 41,30 + 21,60 per tele da fasciare e varia) per il nuovo servizio di candelieri (pag. 51)
1856:
spese varie (lire 19,10 al sarto per le fascie – lire 190,5 + 373,5 + 525 + 262,15 + 643 all’intagliatore e all’indoratore) sempre per il nuovo servizio di candelieri (pagg. da 53 a 55)
1856:
lire 11 “per il trasporto da Chiavari del trono” e lire 45,10 “al ferraio a Chiavari per li braccetti del trono e n. 4 maniglie (pag. 55. Nota: dal particolare delle 4 maniglie si capisce che si parla del trono a forma di tempietto tutt’ora esistente che deve essere stato fatto in quegli anni)
1857:
lire 68,15 all’indoratore di Chiavari (pag. 59)
1864:
lire 200 per “2 lampade d’argento comprate a Genova dal sig. Bancalari” (pag. 93)
1865:
lire 245 per “14 quadri di Via Crucis indorati” (Nota: questi quadri sono stati sostituiti agli inizi del Novecento dagli attuali in gesso), lire 263 per un ternario rosso e lire 30 per fattura del medesimo (pag. 95)
1870:
lire 234 per essersi “lustrati e inverniciati tutti li mobili della sacrestia, le scanzie, il Banco della Madonna, pulpito, banche, tutto il coro messo a nuovo (pag. 125)
1870-1872:
spese varie per la ringhiera della chiesa (pagg. da 121 a 131)
1881:
21 Marzo (3 libro cassa): lire 300 per 10 banche ai soci falegnami Piaggio e Sanguineti
1882:
8 Giugno: lire 400 “pagato a Chiavari per l’aparato dei candelieri dell’artare della N.S. del Rosario per averli indorati e inargentati tutti al nuovo come risulta all’indoratore Giuseppe Gal… (indecifrabile) di Chiavari
1883:
29 Maggio: lire 50,80 per fare “la porta di ferro nella sacrestia per mettere in sicuro tutti gli oggetti d’oro e d’argento, calici, ostensori e altro e lire 180 per “fattura della porta di ferro e ferro per detta porta e 3 seratore al fabbro Romano Antonio”
1884:
29 Gennaio: lire 150 “pagata Chiavari al canonico Domenico Costa per 1 stola di tela argento ricamata in oro”
1885:
lire 750 “ai fratelli Repetto per l’importo di 2 balaustrate di marmo all’altare di N.S. di Montallegro e quello di S. Erasmo”
1886:
25 Maggio: 7.041,80 lire per “ingrandimento della cappella di S. Rocco o finimento in marmo di detto altare”
1 Giugno: 2.150 lire ai fratelli Repetto per “l’importo degli altari di N.S. di Montallegro e di S. Erasmo”
4 Luglio (dalle delibere della Fabbriceria): “si delibera di fare l’altare in marmo, quello chiamato l’altare una volta (del) Piaggio (Nota. Si tratta dell’altare ad oggi dedicato a Lourdes e una volta sotto lo “jus patronatus” della famiglia Piaggio. Nel 1886 conteneva ancora la pala di N.S. della Consolazione che è esposta sopra la porta della sacrestia e recentemente attribuita al Cambiaso)
1887:
17 Aprile: lire 100 per 2 panche nuove
1891:
28 Gennaio: lire 345,40 per il pavimento in marmo in sacrestia
16 Ottobre: con lire 2.000 si inizia la spesa per le lesene di marmo, che durerà fino al 1894
1892:
23 Febbraio: lire 27 per 54 Kg di ferro lavorato adoperato nella costruzione della nuova nicchia nel coro
30 Settembre: lire 380 per lavori di muratura eseguiti nel coro, mano d’opera e materiale
1895:
spese varie (per un totale di 1.500 lire pagate in 3 anni) per la statua di S. Martino fatta dal sig. Gardella di Rapallo
1897:
zoccoli di marmo alle lesene
1908:
5 Aprile (dalle delibere della Fabbriceria): “nuova ringhiera alla Chiesa”
1910:
7 Maggio: si spostano 2 altari, uno detto “nuovo” (Nota: probabilmente quello costruito nel 1886, che molto probabilmente sarà collocato nella prima cappella in fondo a destra e distrutto dai bombardamenti della seconda guerra mondiale) e uno detto “vecchio” (Nota: probabilmente quello che era nella cappella del S. Cuore, collocato nella prima cappella in fondo a sinistra e tutt’ora visibile). Anche se non registrati, perché doni della famiglia Canevaro, si devono probabilmente assegnare a quest’anno i due altari attuali di N.S. di Lourdes e del S. Cuore, sennò non si giustificherebbe lo spostamento dei precedenti.
1912:
17 Ottobre: si verniciano i mobili in sacrestia e si fa la predella nuova
1914:
30 Marzo: si colloca il quadro dei 3 santi nel soffitto della sacrestia
1924:
19 Marzo: 4 mazzi d’argento alla cassa di N.S. del Rosario
1951:
(4 libro cassa): 55.000 lire per cantonali in legno scolpito e dorato per la croce dell’altare
1958:
29.500 per piviale rosso solenne e pianeta rossa festiva
1965:
50.000 per un piviale (potrebbe essere quello viola, dato il costo abbastanza elevato)
Resoconto delle opere compiute dall’arciprete Arado in abbellimento della chiesa parrocchiale
dopo i danni arrecati dalle bombe della II guerra mondiale
N.B. Queste notizie sono desunte dagli articoli che lo stesso arciprete Arado scriveva sul bollettino parrocchiale che usava distribuire per la benedizione delle famiglie (in particolare si è trascritto un resoconto del 1987).
1970:
4 lesene in marmo (ditta Arcopa – Genova) con relativi capitelli nella cappella del Rosario.
Spostamento dell’altare dei tre santi e relative balaustre nella cappella di Montallegro, rimasta priva di ornamenti a causa dei bombardamenti della guerra. Nella cappella dei tre santi viene collocata la consolle elettrica dell’organo Inzoli costruito nel 1958.
L’avvocato Rosario Fragapane regala il quadro di S. Antonio (primo altare in fondo a sinistra).
Viene restaurata la tela di S. Martino ad opera della sig.ra Daniela Tomei.
1971:
Restauro del crocefisso processionale, un tempo della Compagnia di S. Caterina.
1972:
Restauro della tela “della Pietà” del 1641 proveniente, secondo l’arciprete Arado, dall’Oratorio distrutto di S. Caterina. Sostituisce una tela con soggetto analogo che era presente nella prima cappella in fondo a destra (ora battistero) distrutta dai bombardamenti e risalente al 1728.
Incarico alla ditta Taragni di Bergamo del restauro pittorico dell’interno della chiesa danneggiata dai bombardamenti del 1943-44. Restauro stucchi e nuova doratura.
1973:
Restauro degli affreschi di Giuseppe Canevelli (eseguiti nel 1893) nel catino del coro e nella volta del presbiterio; restauro degli affreschi del coro di Raffaello Resio (1908-1914?); restauro degli stucchi. Nuova doratura con oro a titolo 1000/1000 (Brambilla Felice, Milano). Il pittore Claudio Nani di Bergamo esegue gli affreschi mancanti nella volta del presbiterio e cioè: il Padre con Angeli, medaglioni di S. Giuseppe e di S. Luigi. I tre finestroni del catino vengono rinnovati con l’uso di vetro antico soffiato, legato in piombo.
1974-1975:
Restauro dei transetti del Rosario, S. Rocco, cappelle del S. Cuore e di Lourdes.
Il pittore don Francesco Boccardo di Genova compie l’affresco nuovo della volta della cappella del Rosario con l’incoronazione della Vergine e la Gloria del Paradiso. L’affresco distrutto era di Luigi Morgari (1932).
1978:
Restauro in Sovrintendenza della tela dei martiri: S. Cipriano patrono dei tessitori, S. Erasmo patrono dei pescatori, S. Desiderio (don Enrico scrive erroneamente S. Isidoro) patrono degli agricoltori. Terminerà nel 1992!
1979:
Restauro dell’ingresso e cappelle del Battistero, S. Antonio, Martiri (i tre santi) e Montallegro. L’affresco della volta di ingresso, sopra l’organo, raffigurante un attimo dello splendido cielo di Zoagli, viene eseguito dall’arch. Rolando Del Fauro e da Silvio Sanguineti di Zoagli (l’antico affresco era del Resio e raffigurava la Decollazione di S. Giovanni Battista).
Don Francesco Boccardo esegue l’affresco del Battistero presentando il tema principale del battesimo: rinati dall’acqua e dallo Spirito Santo.
1980:
Don Francesco Boccardo dipinge l’affresco della volta della cappella di S. Rocco. Il precedente era di Luigi Morgari (1932). Vengono collocate le grandi vetrate, in faccia e nei transetti, in vetro grigio antico soffiato, legato in piombo
1981:
Don Francesco Bocciardo esegue l’affresco della volta della cappella di Montallegro, raffigurante i santi Cirillo e Metodio (in memoria dei donatori dell’opera, gli slovacchi in esilio e particolarmente don Cirillo Walter Buran).
Si completano le quattro lesene marmoree al posto dei confessionali rimossi.
1984:
Inaugurazione del nuovo concerto di cinque campane della ditta Trebino di Uscio.
1986:
La cupola: restaurati gli affreschi del Resio e i fregi. Doratura nuova seguendo l’originale. Ripristinati i quattro grandi stemmi della cupola (SS.mo nome di Gesù, il monogramma mariano, la croce e la corona dei martiri, lo stemma di Zoagli). IL pittore Claudio Nani esegue l’affresco mancante di S. Giovanni Evangelista (già del Resio).
1987:
Restauro totale del campanile
28 Giugno 1989:
Consacrazione del nuovo altar maggiore opera della scultrice Miriam Allaro Hastianatte.
1990:
Restauro da parte della Sovrintendenza del quadro della Madonna, di S. Erasmo e altro santo posto sopra la porta della sacrestia e di quello di S. Sebastiano, San Rocco e santa, proveniente dall’oratorio di S. Caterina e collocato nella cappella del Rosario.
1992:
Don Francesco Boccardo esegue la nuova tela di N.S. di Montallegro nella cappella omonima.
1995:
Terminato il restauro della cappella di S. Antonio ad opera del pittore Claudio Nani, della Sovrintendenza di Bergamo.
Dalle seguenti note si possono indicare due principali nomi:
- Claudio Nani, per quanto concerne il restauro del materiale pittorico preesistente e rifacimenti in stile
- don Francesco Boccardo, per quanto concerne tutte le opere pittoriche nuove in stile moderno (escluso il dipinto sopra l’organo).